Ortensio Seclì e “Lu Cuntu te lu monucu”

Ortensio Seclì narra di una storia antica raccontatagli da un monaco, riguardante un altro monaco chiamato Letterio

Cammei (2)

Lu cuntu te lu monucu”, il terzo racconto del libro  di Ortensio Seclì: “Cammei, Momenti di storia parabitana”,  ete ‘nu cuntu spassosu e intrigante. La radice dell’intrigo la si può cogliere considerando il 36° racconto dello stesso libro, intitolato “Aldo De Bernart e la Madonna della Coltura” che si conclude con l’annotazione del “rammarico” provato da Aldo De Bernart “per non poter riempire quel vuoto storico sulle ultime quattro lettere puntate T.O.K.A presenti sul retro del monolito [della Madonna della Coltura] delle quali padre Barrella aveva dato un’interpretazione poco convincente.”

Pur senza che l’autore sia citato,  lo studio di P. Barrella è reperibile al seguente link https://www.santuaritaliani.it/nel-salento-la-basilica-santuario-della-madonna-della-coltura-di-parabita-le/ , con anche le iscrizioni dell’ultima fila sul retro del Monolito della nostra Madonna, che vengono così interpretate:

T.  Tἦρησoν  BENEDICI
Θ.   Θεoυἦτηρ  O MADRE DI DIO
K.  Kυριαkἦν   DEL SIGNORE
Λ.   Λἁνραν   LA CASA

È questa l’interpretazione che Aldo De Bernart trova, per come Ortensio ci dice,  “poco convincente”, ma è da ritenere che avrà convinto poco anche lui  se egli stesso si prende cura di andare in cerca di chi possa raccontargli la storia sottesa ad esse, ed è un monaco il cui racconto parte da molto lontano, ed ha come riferimento un tale “Patre Letterio, un santo monaco amato e rispettato da tutti”  che era “a capu te li monici che vivevano nel monastero sulla collina di Parabita. (…) La sua vita ascetica era d’esempio ai confratelli che lo vollero a capo del loro monastero nominandolo igumeno  (Abate).”

Il periodo del quale si narra è di poco successivo a quello della “lotta iconoclastica che predicava la distruzione delle immagini sacre” e che aveva costretto molti monaci del vicino Oriente cristiano a cercare rifugio nel Salento per tenere viva la tradizione di quelle sacre immagini. Inizialmente questi monaci avevano “adottato grotte naturali a loro rifugio.  Inoltre, la particolare friabilità delle rocce permise loro di scavare rifugi simili a pozzi che furono chiamate laure e usati come dimore. Volendo aiutare le genti dei villaggi vicini, insegnavano loro a coltivare la terra, migliorando la produzione di cereali e dell’olio; aiutavano i poveri e gli orfani; assistevano i malati e insegnavano loro a curarsi con le piante medicinali facendoli partecipi delle loro proprietà medicamentose. In pace con le sparute popolazioni salentine, vissero per alcuni secoli  nelle nostre contrade illuminando le menti dei villici con lo studio della Sacra Scrittura.”

All’epoca del racconto: “Allu tiempu te lu cuntu era terminata la guerra iconoclastica e i monaci avevano abbandonato gli scomodi rifugi (…) e avevano costruito chiese e monasteri alla luce te lu sule, alcuni dei quali divennero veri centri culturali come quelli di San Nicola di Casole presso Otranto e di San Mauro nella serra di Gallipoli.

Sopraggiunse la morte di Padre Letterio che visse in concetto di santità e la sua morte fu pianta non soltanto dai monaci  ma anche dagli abitanti  dei villaggi vicini che avevano potuto apprezzare la sua bontà. Fu seppellito in un campo vicino al monastero e, dieci anni dopo, le sue ossa furono riesumate  e composte in un’urna che venne incastonata al centro di una mensa d’altare fabbricata apposta.  Su quelle ‘sante ossa’ i monaci, celebrando la messa, invocavano ogni volta il loro santu padre Letterio che li guidasse santamente nel loro apostolato.

Ma intanto: “ Ma … una nuova persecuzione dovettero subire li monaci bizantini (…)” I Normanni per conto del Papa si erano incaricati di riportare all’obbedienza da Roma le terre del Sud Italia che rispondevano ancora a Bisanzio. “Così furono creati i vescovi latini di Castro e di Alessano e furono soppressi i calogerati di Lecce e Nardò dove i monaci basiliani furono gradatamente sostituiti con i Benedettini per i quali fu creato il convento di Santa Maria de Nerito. Chi ebbe i danni maggiori fu Gallipoli che soffrì la spoliazione dei monasteri di San Mauro e San Pietro dei Samari. Fecero di tutto i Normanni per mortificare i monaci italo-greci perché sospettati di essere favorevoli all’impero bizantino, e dove fu possibile sostituirono le immagini di santi orientali con quelle dei santi latini.

Qui la svolta dinamica te lu cuntu te l’Ortensiu nosciu. Giacché i Normanni in queste nostre contrade erano soliti mettere in atto “vendette e ritorsioni”, i monaci bizantini preoccupati che “i vichinghi” potessero “distruggere il loro altare e le reliquie del loro Santu Patre Letterio subissero oltraggio“, decisero di mettere in salvo l’urna con le sue sante ossa “trasportando l’altare in luogo più sicuro dove poterlo nascondere in attesa di tempi migliori e per maggiore sicurezza affrescarono sulla superficie della mensa una bella Madonna. Erano infatti sicuri che i Normanni, se li avessero scoperti durante la fuga avrebbero rispettato l’immagine di Maria e di conseguenza non avrebbero arrecato oltraggio alle ossa del loro santo abate Letterio. Fu così che la mensa racchiudente le sante ossa divenne un pilastro riproducente una bellissima Madonna bizantina.

E lu cuntu si viene a concludere con un breve dialogo fra il monaco che racconta questa storia e il nostro Scrittore:

Patre Santu”, gli dissi alla fine del racconto “ma quista sembra ‘na storia vera! Po’ essere ca è successa taveru?”.

“Può essere”, disse serio. Poi guardando quattro nuvolette che coprivano il sole, aggiunse laconico: “ Ma la verità si nasconde dietro quattro lettere come sta facendo il sole in questo momento e tutto resterà per sempre ‘nu cuntu”.

Grazie Ortensio!


Cammei (1)
“Il cammeo è un gioiello antico che nasce da una conchiglia scolpita sapientemente e trasformata in ornamento (…) Per secoli i cammei sono stati prodotti per identificare il potere e l’appartenenza a una famiglia, ma anche per conservare ricordi importanti e simboli.” https://www.paginegialle.it/magazine/shopping/cammeo-cos-e-e-come-portarlo-con-stile-4174

“Cammei” è il titolo di un libro – praticamente introvabile – di Ortensio Seclì (“Cammei, Momenti di storia parabitana”, Ed. Il Laboratorio – Archivio Storico Parabitano, Parabita, 2020, con prefazione di Aldo D’Antico) che il Sindaco Stefano Prete presentava in un suo post due anni fa ( https://www.facebook.com/groups/parabita.insieme/posts/2789534481334934/ ), in cui fra l’altro faceva presente: “L’amministrazione comunale ha voluto stampare alcune copie della pubblicazione per omaggiare le coppie che si sposano in municipio e le personalità che, nel corso di momenti istituzionali, saranno ospiti della nostra città.” Quindi oltre quelle copie stampate dall’Amministrazione comunale, in commercio non ne sono reperibili altre. C’è da augurarsi che prima o poi qualche casa editrice scelga di pubblicarlo giacché merita. Onore all’autore! Il libro si confà di  38 narrazioni riferibili ad alcuni generi che si potrebbero individuare in ragione delle caratteristiche di ciascuna [fra parentesi quadre alcuni riferimenti temporali estrapolati dalle narrazioni]:

VICENDE STORICHE DI AMPIO SPETTRO

Dall’iconoclastia all’invenzione della Coltura;
I secoli bui di Parabita [1071 – 1300];
I del Balzo e la Madonna della Coltura [1300 – 1400];
Gli albanesi a Parabita [1400 – 1500];
Santi e Madonne a difesa delle mura [1500 – 1700];

LUOGHI CON RIFERIMENTI
Santa Marina, la santa del colorito;
Via Umberto Biancamano;
Il comune e le sue sedi storiche;
1747: lu puzzu ti cucuddrichi;

FATTI ED EVENTI
Processo criminale dei domenicani contro il vicario vescovile e i sacerdoti di Parabita [1619];
Controversia tra la terra di Parabita e il feudatario [1676];
1679 la terra di Parabita viene data in affitto;
Contrasti su una processione  [1707];
1750:protesta contro il vescovo di Nardò;
Note sul culto dei Parabitani verso San Rocco;
1836: una querelle per un patronato;
1852: per un ducato falso;
“La Comune” di Parabita  [1792 – 1866];
1864-1896: restaurare o ricostruire?;
Il santuario di Maria SS. della Coltura [1300 – ad oggi] ;
I deputati e la festa  [1890];
1936: inaugurazione dell’abside;
La Madonna della Coltura “pellegrina” [1949];
Una campanile … un incendio [1980]
1994: Un patronato unico una volta per tutte;
Un reperto storico salvato in extremis [1913];

STORIE E LEGGENDE;
Salute e turnisi;
Note sul culto dei parabitani verso S. Rocco;
La Positana – una Madonna importata a Parabita;
Come si evadeva il servizio militare [1795];

PERSONAGGI
Due cantori della Madonna della Coltura;
P. Serafino da Parabita e la sua famiglia  [1710];
Fra Domenico della Vergine della Coltura  [1829];
Felice Lillo e il Referendum Monarchia-Repubblica;
Aldo De Bernart e la Madonna della Coltura;
Don Toto Cataldi ‘u meticu t’a vatrana;
Cantò Parabita e la Madonna della Coltura;

STORIE IMMAGINIFICHE
L’uomo delle Veneri;
Lu cuntu te lu monucu.

*

Mi riprometto, col permesso dell’autore,  di riportare, ogni tanto, in sintesi qualche “Cammeo” in questa pagina.

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