Daniele Greco ripercorre quasi un secolo di storia e vita politica a Parabita,
dall’Unità d’Italia all’inizio del secondo dopoguerra

Daniele Greco è da sempre sulle tracce della storia più o meno recente della sua e nostra Parabita. Ne è ulteriore testimonianza il suo recente lavoro:  “1920>1946 PARABITA dal Biennio Rosso alla Repubblica”, pagine 231, stampa MaffeiEditore, Trepuzzi, 2022, € 20,00, con dedica alla “moglie Rita”.

Rispetto ai precedenti questo è senz’altro anche il più impegnativo, e  Ortensio Seclì così ne parla in un suo post su facebook: << Il nuovo libro di Daniele Greco oltre a ricostruire un periodo storico della nostra città, è riuscito a darci le fattezze di numerosi personaggi parabitani dei quali avevamo sentito raccontare fatti e curiosità senza poter immaginarceli. Un libro veramente utile non soltanto agli studiosi di storia patria, ma a tutti i cittadini che amano conoscere il passato della loro comunità. Tutto tratto dai documenti originali. Una vera chicca!>>

È un bel libro, puntuale nei riscontri per ogni personaggio, evento e circostanza evidenziata, segno dell’approfondita ricerca svolta. Le prime 42 pagine costituiscono il “Preambolo” con riferimento al periodo fra la fine del Regno Borbonico, quindi il 1861 con l’Unità d’Italia e il 1920, per dar modo di cogliere le basi che in tale periodo vengono messe per l’evoluzione degli eventi successivi.

Il percorso seguito è rappresentato dalle varie amministrazioni comunali che negli anni si sono succedute, indicandone i nominativi di chi le costituiva, nonché le circostanze maggiormente significative che ne caratterizzarono il corso.

Il “Preambolo” parte dalla forte animosità sociale e politica che si venne a determinare fra chi sosteneva il vecchio regime Borbonico e chi invece il nuovo dei Savoia. Fra gli aspetti importanti del periodo viene messa in risalto la produzione del “cotone parabitano”; nel 1870 si inaugurano i “lampioni nuovi di zecca per illuminare a petrolio il crepuscolo di 13 strade del centro abitato” ; nel 1879 si inaugura il “mortuario Stabilimento” (cimitero);  nel 1884 si verifica una “terribile ondata pandemica di colera”.

Nel 1888 viene fondata la Banca Popolare di Parabita che è “in cerca aiuti per muovere i primi passi. Il Consiglio Direttivo presieduto da Giuseppe Ferrari fa ufficiale richiesta al Comune per un contributo, ma i destinatari sono praticamente gli stessi mittenti.

Di quel periodo ritroviamo nomi che ancora oggi pronunciamo ogni giorno per via…. delle vie: Gaetano Vinci, sindaco in due periodi diversi, fra il 1860 e il ’65; suo figlio Giovanni, anch’egli sindaco per 15 anni, dal 1882, in periodi diversi,  con incarichi, come già precedentemente il padre,  anche a livello provinciale e ritenuto “personalità politica a cui si ricorre in caso di difficoltà contingenti”; i fratelli De Jatta, uno medico ed un altro politico e sindaco pur per pochi mesi.

Si verificano di fatto accese divergenze politiche soprattutto fra monarchici e repubblicani; “Federico Elia, erede universale di don Raffaele, è per questo capo del partito preponderante della sinistra parabitana.”

 Il 10 maggio 1894 esce il primo numero del giornale “L’Alba” espressione del “Circolo Democratico”( che due anni dopo cambia il nome in “Circolo degli Amici”), dal quale alle elezioni del 1895 viene presentata “una lista unitaria composta “dai più ricchi, i più distinti ed onesti gentiluomini del paese.” Di fatto la questione politica rimane comunque in mano ai “don, signori, signorotti e grandi proprietari.” Alle elezioni del 1910 per il Mandamento a Parabita votano 201 persone (pag. 36), in pratica a votare sono solo i ricchi e alfabetizzati, considerando che gli abitanti all’epoca del “censimento del 1901 erano 4.493.”

La voce del popolo si fa sentire però attraverso le dimostrazioni di piazza, come ad esempio nel 1903 “si sfiora la sommossa popolare. Vi prendono parte un centinaio di parabitani, volano parole grosse ma anche tante pietre e solo la resistenza e la determinazione dei militari dell’Arma riescono a portare la calma fra i facinorosi.” Così anche nel 1911: “A causa della nuova tassa di esercizio e rivendite, nel settembre monta in paese una vera e propria sollevazione popolare. Sono tante e feroci le dimostrazioni di dissenso alla governativa che sindaco e assessori sono costretti a rassegnare le dimissioni….” E ancora:  “Il 19 gennaio 1914 circa 100 contadini si danno appuntamento in Piazza Umberto I e puntano il Circolo degli Amici, dove il sindaco trascorre alcune ore di relax… Si protesta per il rincaro del pane e per chiedere l’aumento della mercede giornaliera. Sono momenti concitati e solo per il pronto intervento dei Carabinieri “non si ebbero deplorevoli incidenti.”

Intanto  il 1. Novembre 1908 si annuncia con un manifesto alla popolazione la nascita della “Scuola Serale di disegno applicata alle Arti affidata alla direzione del professor Enrico Giannelli”.  Una tappa storica per il nostro Paese.

Un breve ma significativo accenno alla grande guerra: “quando dal fronte arrivano le prime tristi notizie che riguardano parabitani richiamati alle armi, caduti e feriti per l’onore della Patria, si prende atto che la piccola Parabita non è poi così lontana dal centro di un continente in subbuglio.”

Si giunge così al “capitolo I – Il biennio rosso di un falegname sindaco (1920> 1922)”, che in apertura evidenzia i “tumulti sociali e primi sintomi di cambiamenti politici” in ragione che: “le promesse ricevute durante la prima Guerra Mondiale, che al ritorno della pace – i contadini – avrebbero avuto terre da coltivare  continuavano a rimanere disattese.” A Parabita, a guidare il cambiamento è “il falegname Raffaele Pisanello, loquace socialista che in diverse circostanze in passato ha dimostrato vicinanza al mondo contadino …. schierandosi senza timori contro i ‘padroni’.”

Veniamo quindi “all’evento drammatico, sconvolgente ed imprevisto, … i tragici fatti del 23 giugno 1920 che la nostra storia ricorda come l’Eccidio di Parabita. Quattro parabitani vengono uccisi , ed almeno altri 15 feriti, per gli scontri generati a causa della riduzione della paga oraria per i lavori nei campi.” In seguito a questi fatti il sindaco in carica si dimette e in autunno alle elezioni che seguono la “Lega dei Contadini al grido di ‘Istruzione, Igiene e Case Operaie’ vince… Il 27 ottobre Raffaele Pisanello è nominato primo cittadino.” E comunque: “Lo ‘scontro’ fra le due fazioni che aveva caratterizzato la campagna elettorale non si placa con il ricorso alle urne. Anzi si acuisce dopo il verdetto elettorale.”

Le questioni attengono piccole ma sempre pungenti scaramucce, come ad esempio la mancanza di inviti reciproci per iniziative di rilevanza cittadina; lo sfratto del Circolo degli Amici da un locale del Comune;   o la divergenza per la data della festa patronale (il cui Comitato aveva presidente Carlo Ferrari, già impegnato in politica); la festa comunque si svolge come previsto a metà aprile anche se “il Tempio non è ancora ultimato.”

Le maggiori contrapposizioni attengono invece aspetti di vita politica: “Il confronto politico fra socialisti e opposizione borghese, anche se a questo punto è più corretto parlare di opposizione fascista, tocca il suo culmine sui temi dell’istruzione pubblica.”  Poco prima l’Autore aveva accennato alla mutata situazione politica nazionale,  e che anche a Parabita “sul collo del sindaco comincia a farsi forte il fiato dei fascisti fiumani, precursori delle camice nere.”

Interessanti i documenti originali, molti trascritti per intero, riportati nel libro, che il nostro Autore reperisce  da varie fonti, consultate ad hoc pure per le medesime circostanze al fine di offrire una visione maggiormente esaustiva degli accadimenti.  Si coglie il clima dell’epoca, ad esempio, nel leggere della “possibile tresca” fra due insegnanti, una lei e un lui, nella primavera del 1922, che il nostro autore ricuce mediante un articolo del giornale “La Provincia di Lecce” che riportava: “Il sindaco di questo Comune, venuto a diverbio con una insegnante dell’Asilo Infantile, sembra l’abbia schiaffeggiata e percossa con un bastone.”
Nel libro si riporta però anche la versione del Sindaco, reperita fra i documenti dell’archivio Eredi Raffaele Pisanello, con altra versione:  la signorina interessata “invece di andare all’Asilo a fare lezione, se ne va chi sa dove e dopo in casa manda a chiamare lui, che da mezz’ora era entrato in classe. Questo come un fulmine manda via tutta la scolaresca  e vola dalla signorina, alla quale forse una pulce aveva dato un morso.” In tale documento la vicenda viene definita un “trucco infame” ai danni del sindaco che comunque viene denunciato, anche se poi assolto.

Sul finire del 1922 la giunta e il sindaco Pisanello sono assediati da svariati problemi, il principale dei quali è  il deficit del bilancio comunale: “il bilancio del 1920 era stato bello e fatto dalla precedente maggioranza… nel 1921 la tassa sul vino non era stata incassata perché trattenuta in toto dal Governo… per il 1922 i dipendenti comunali reclamano il ‘caroviveri’…”; vi è un debito di 18mila lire con Donato Pierri;… si vogliono programmare lavori necessari agli istituti scolastici e per l’urbanistica cittadina.
Tra disavanzo ereditato per il 1921 e nuove spese previste il bilancio del 1922 è in rosso di 101mila lire. Per sopperire a questo  Pisanello “provvede ad aumentare la tassa sui terreni e sui fabbricati.” Per tali aumenti si determina una protesta popolare “al punto che in paese vengono inviati molti carabinieri e un funzionario di pubblica sicurezza…. Il culmine della ribellione sociale culmina addirittura con il tentativo di omicidio  del sindaco. Un sicario, assoldato per 500 lire dai fascisti parabitani, attenta alla vita di Pisanello, ferendo il sindaco in maniera non grave con un colpo di rivoltella.”

La situazione nel prosieguo delle vicende cittadine non dev’essere migliorata stante  che “nel 1930 nell’elenco dei poveri figurano 3.702 abitanti, dato che sarà ancora più negativo l’anno successivo, essendo i meno abbienti 3.967 su una popolazione di 7.206 abitanti.”

Il libro continua; scopo del presente articolo, lungi dall’illustrarlo per intero pur se per fatti salienti, è di suscitare interesse, giacché lo merita, in corrispondenza al grande lavoro che l’Autore vi ha dedicato.

Due ulteriori annotazioni attengono, una, un grande giorno: “il 7 aprile 1946 si torna alle urne. E sarà una data memorabile perché in virtù del decreto Luogotenenziale del 2 febbraio 1945, per la prima volta nella storia al voto potranno finalmente prendere parte anche le donne.”

Una ulteriore attiene una analogia che si coglie fra due messaggi distanti fra loro nel tempo ma prossimi per situazione:

la prima è nella fase  conclusiva  della seconda guerra mondiale, con la frattura fra il vecchio regime e l’avvio del cammino democratico:Cittadini, allontaniamo da noi ogni risentimento e tutti i vecchi rancori; concediamo il nostro perdono a chi ci offese mostriamoci tutti uniti e concordi; lavoriamo intensamente, aiutando e confortando chi soffre …” (Alfredo Pisanello, Sindaco, settembre 1945).
E l’altra, nel passaggio fra chi aveva sostenuto il Regno Borbonico e chi il Regno d’Italia Unita: “Proclamo altamente il principio che tutti abbiamo potuto errare ma che tutti dobbiamo a vicenda compatirci e tornare amici più di prima; ed io pel primo chiedo sinceramente perdono e scusa se, nell’iniziamento della nostra rigenerazione, nel caldo degli avvenimenti, avessi potuto involontariamente ferire la suscettibilità altrui. (…) Tiriamo un velo impenetrabile sul passato, e conseguenti alla dignità del nostro risorgimento torniamo strettamente cari fra noi per non separarci mai più.” (Raffaele Elia, Sindaco di Parabita, 27 ottobre 1861)

Una osservazione a margine:

Lo scrittore di storia fa ricerca e scrive di storia, ma ci sono punti in cui emerge se non esplicita anche solo fra le righe una valutazione degli eventi di cui si sta interessando. Così a pagina 87 un paragrafo del libro viene intitolato: “L’atto finale di un biennio iniziato male e finito peggio”, con riferimento al “Biennio Rosso” parabitano.

Quando a pagina 186 si avvia la descrizione della fine del ventennio fascista, col paragrafo intitolato: “Olio di ricino, bastone, carota e moschetto”, per passare di lì a due pagine al capitolo III intitolato ”Liberazione e repubblica 1943>1946”,  non sembra ravvedervi un altrettanto sentenzioso  parere come quello che l’Autore aveva usato per il “Biennio Rosso”.

Ma poi, se è per via “dell’Eccidio di Parabita” che si dice che il “Biennio Rosso” sia “iniziato male”, lo è stato perché qualcuno vi ha attentato, e questi non certamente da ricercarsi fra coloro che lo volevano e lo stavano promuovendo. Dopo decenni che l’organizzazione del potere sociale cittadino era stata di esclusivo appannaggio dei “don, signori, signorotti e grandi proprietari”,  che finalmente il potere passava in mano a un partito popolare sarebbe da considerarsi come una fase storica di favorevole rinnovamento. E poi anche l’esser “finito male” quel “Biennio”, le responsabilità già sopra riprese, per quanto nel libro si riporta, sono molteplici e, fra queste, l’attentato al sindaco Raffaele Pisanello. Ma pur nel suo essere stata breve, andrebbe ravveduta come una bella esperienza di cambiamento, quel “Biennio”.

Un libro  importante per Parabita, che merita di essere letto. 

(Luciano Provenzano)

N.B. I tratti evidenziati in quest’articolo sono tali per scelta dell’autore di questo medesimo.

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