Gigi Prete, avvocato a Padova ma col cuore a Parabita, sua città d’origine, è amico e collaboratore di GestaltHouse APS.
Sviluppa dialoghi e vivaci simulazioni animate con i bambini sui temi del contrasto al bullismo e promozione della legalità.

Campo estivo 2017
Gigi Prete dal 23 di febbraio 2020, quotidianamente, sta tenendo un diario su FeceBook, dal titolo “I GIORNI NEI PRESSI DELLA TRINCEA”; sua pagina FB
E’ una documentazione di esperienze e stati d’animo che il coronavirus sta determinando. Col suo permesso, ringraziandolo, qui ne sono riportate alcune.
5 aprile 2020
QUARANTATREESIMO GIORNO NEI PRESSI DELLA TRINCEA
VENTISETTESIMO GIORNO NELLA TRINCEA GLOBALE
Oggi sono le Palme.
I “panareddhri” iniziati ieri sera sono in parte finiti.
E così è trascorsa la notte in un letto ove si erano trasferiti tutti i fico d’india del Salento che guardano il mare a occidente.
Sarà la mancanza di sonno che cercavo sereno, sarà l’amore all’Amore che nel giorno delle Palme si veste a tono, senza ragione, che dopo i quaranta giorni di deserto è venuta la passione.
Ci viene il dubbio che non ne usciremo mai.
E così stamani ho pensato al mio Angelo Custode, a quello che da bambino immaginavo somigliante a quello dello stemma del mio natio loco, con la spada rivolta ad est, come a difendere la luna crescente dalla luna calante.
E così dopo una notte come questa, unica, mi tocca rassicurarmi come fa il mio Angelo demandato (cfr. Luca 22,41).
Da quando le altre parti della mia famiglia sono rimaste bloccate a Bologna il rapporto telefonico con chi abita a Padova è divenuto replicante durante il giorno.
Un continuo cimento.
Zia e la nipote, infinitamente al telefono.
Così come un nipote con la zia.
Si discute della natura violentata e di quello che la stessa ci può dare benevola.
E ancora di come ci dovrebbe essere il ritorno alla terra e all’autodeterminazione in un momento di grave dileggio in conseguenza di questo virus sempre più virulento.
Così tra le tante catastrofi che raccontano i notiziari affascinano quelle invece che riguardano gli Angeli.
Dicono che sono con Dio e che lo servano.
Io penso che siano il mezzo di Dio sulla terra, uomini anch’essi dotati della grazia del dare.
I Medici ad esempio, che oggi arrivano a 80 quelli caduti sul campo e gli altri che si prodigano come gli infermieri e tutti color che per gli altri si flagellano anche in privato.
Ma anche i contadini, che per mestiere sarebbero più vicini alla terra ma invece sono, anch’essi e a loro insaputa, Angeli.
Così i congiunti bolognesi, in questo quarantatreesimo giorno di guerra, mi raccontano dei militari chiamati da una ragazzina di origine straniera che ripeteva “Abbiamo fame, mio padre non lavora più e il frigo è vuoto, aiutateci vi prego”.
I carabinieri sono andati a fare la spesa e sono tornati con una scorta di generi alimentari: latte, pasta, uova, farina, carne, biscotti, frutta e verdura.
Angeli.
Dovete sapere come il popolo salentino è uno dei popoli che maggiormente ha saputo utilizzare a fini alimentari anche le risorse più neglette; quelle offerte dalla natura non particolarmente generosa.
Almeno ai tempi della seconda grande guerra.
Così le sere di primavera, prima che venisse il buio, e dopo le orazioni del meriggio, la mia nonna mi faceva sedere, dopo avermi lavato e pulito, su una sorta di scannetto chiamato “vancuteddhru”, che era oscurato dal tempo, riposto tra la fauces, l’atrium e l’impluvium delle domus di romana memoria e cioè “allu largu te lu curaturu”.
Adiacente, al mio posto preferito, c’era la cisterna dalla quale ricavava l’acqua che riponeva nella quartara, dove al mio richiedere mi faceva bere.
Poi mi porgeva un sorriso.
Mi chiedeva se avessi fame.
Ero solito dire di no.
Ma lei, come fa mia madre con gli ospiti cui vuole ad ogni costo offrire il caffè, altrimenti si offende, era insistente e martellante.
Luvici, vuoi qualcosa. No, nonna.
Trascorso un minuto ripeteva, “che ti dà da mangiare nonna tua”?
E così a continuare, indefessa.
Poi preso dallo sfinimento dicevo: vabbè dammi “na cosa”.
Il mio viso da bambino attendeva la fetta di pane con olio spalmato di zucchero.
Lei si sedeva di fronte a me, guardava i miei capelli che accarezzava, mentre iniziavo ad addentare.
Un Angelo.
Poi mi raccontava di quanto era stato difficile qualche anno prima, quando c’era la guerra, avere pane, olio e zucchero.
Ogni famiglia, diceva, doveva arrangiarsi al meglio; raccontava di una vicina di casa, di cui non ricordo il nome e che chiamerò Agata, che per la fame, quando ancora il quartiere di Sant’Anna a Parabita era collina in parte incolta, decise di far incetta di cardi selvatici.
Il cardo selvatico è un antenato del carciofo e ha come habitat i margini delle strade, i luoghi maceriosi, ed anche i terreni incolti e le radure erbose. C’è chi dice che l’ortaggio spontaneo spinoso si presenta con un aspetto terrifico.
In primavera, la pianta emette dei germogli racchiusi in un’armatura di squame, tutte munite di una robusta spina lunga fino a cinque centimetri.
Il problema di Agata non era solo la mancanza di guanti, ma l’allergia alle punture che la pianta naturalmente causava.
Quel giorno dunque riempita la bisaccia di cardi selvatici, raccolti nei terreni denominati “Raho” che lambivano il confine con Matino, Agata fece ritorno a casa.
Il sangue che aveva perso dalle braccia copriva i cardi e lei starnutiva per l’allergia.
Tuttavia posto l’ortaggio in una cassetta di vimini comincio’ a strillare proponendoli in vendita, tanto era sicura che il cardo selvatico, già conosciuto e apprezzato anche dagli antichi romani e per i successivi secoli, aveva conservato anche a Parabita una certa importanza per i buongustai che assaporano i cardoni gratinati dalle ottime proprietà nutrizionali e virtù salutistiche.
Agata quel giorno ebbe sufficiente denaro per comprare dei semi di fagiolini che vanno a dimora in questi giorni di aprile.
Ieri a Padova è divenuta esecutiva l’ordinanza regionale di cui ho detto e che chiudeva appunto i mercati contadini.
Così gli agricoltori che venerdì avevano raccolto le verdure per le vendite sono rimasti non solo senza reddito ma con il verde adatto solo per il macero tenuto conto che ieri era sabato, oggi domenica delle Palme e che fino a domani il prodotto sarebbe deperito.
Il Comune di Padova è riuscito ad organizzare non solo i mercatini di lunedì ma ha deliberato per ogni agricoltore colpito dall’ordinanza del governatore un riconoscimento, una tantum, di trecento euro.
Ci sono Angeli e Angeli.
Penso.
Mentre finisco i “panareddhri”.
24 marzo
TRENTADUESIMO GIORNO NEI PRESSI DELLA TRINCEA
SEDICESIMO GIORNO NELLA TRINCEA GLOBALE
I bambini.
Il Carneade manzoniano?
Chi sono costoro?
E poi i ragazzi.
Chi?
Spiegatemi: chi sono?
Forse gli “scoppapariti” della mia infanzia.
Color che, per quella passata società, erano collocati tra il latte materno e la fanciullezza che portava al lavoro minorile e che, in attesa, sbraitavano su strade polverose a questo strano gioco del cavalluccio per otto.
Coloro che con dispregiativo cenno da parte dei “grandi”, dimentichi che anche loro lo erano stati, venivano indicati come possessori di quella età in cui ancora “si sentiva l’odor (puzza dicevano) del latte materno”.
Uno dei temi che ha caratterizzato la mattina è stato il dibattere con la mia pargola che si distende sul mio mestiere, di un bambino, figlio del mio amico.
Lo conosco dal primo anno universitario e dopo un matrimonio lungo e, a suo dire disagiato, ha avuto l’avventura di divenir padre per la terza volta.
Però con una compagna che dopo due anni ha deciso di navigare in solitario.
E li come successo per il matrimonio si sono succedute guerre di posizione, conflitti stabili fino alla pretesa, dell’uno e dell’altro, di sconfiggere il nemico.
Un po’ come il coronavirus fortificato su più fronti per colpa nostra.
E li la vittima è un bambino.
Nonostante io sono obbligato per ufficio ad essere partigiano mi sembra sia necessaria una nuova figura di legale, di avvocato.
Un avvocato del minore e che il minore esclusivamente difenda … dal papà e dalla mamma.
Che di amore versano continui staia ripieni, ma che l’amore usano con capacità arida ed egoista.
La disposizione del 22 marzo 2020 stabiliva “e’ fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”.
E il decreto di ieri sera afferma:
“Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.”
E se un bambino è affidato ad entrambi i genitori con prevalenza ad uno, separato dal coniuge o dal compagno, e l’altro affidatario non prevalente che abita in un comune vicino può disporre del suo diritto di affido temporaneo? E se per disposto giudiziale il genitore prevalente è il papà che abita in un comune assai distante da quello della mamma?
Ma far trasbordare un bimbo in ambienti del tutto diversi in epoca di infezione totale è tener conto del suo bene?
E se oggi si parla della possibilità di Smart working, nel senso dell’uso di mezzi alternativi, perché non usare il mezzo telematico anche qui?
E i genitori contendenti non potrebbero convenirlo, per insieme, visto che sono costretti al castigo casalingo, per trovar un argomento che in “telematia” possa esser utile a quel bambino?
Comunque il quesito normativo, come il coronavirus, è sfuggito al nostro dibattere e ha scatenato le più disparate opinioni, peraltro strutturate dall’una e dall’altra parte.
Poi la mia prole oltre che essere severa, penalista è anche, con mia solenne approvazione, “ortodossa”, nel senso di integrale rispetto della norma senza se e senza ma, e dunque ci si può immaginare i toni che ha sollevato … in diritto.
Mai visto tanto dibattere nelle chat giuridiche e dottrinarie.
Così invece che badar ad altro sono pure intervenuti i Benemeriti che hanno avuto l’accuratezza di rassicurare il bimbo e lasciarlo nella sua stanza a giocare.
E così rimango a domandarmi: chi sono i bambini?
Oggi però oltre ad essere la “Nunziata”, con gli auguri a chi il nome porta, sappiamo che dopo due mesi torna la normalità nello Hubei, l’area cinese da cui è partita la pandemia del coronavirus. Le autorità hanno annunciato che nella capitale Wuhan ci si potrà muovere liberamente dall’8 aprile. La città è paralizzata dal 23 gennaio. Le restrizioni vengono invece tolte già da oggi per tutto il resto della provincia. Potranno spostarsi dalle proprie abitazioni solo le persone considerate sane.
Eh, ma non tutto è festa.
Virna, che qualche volta ha commentato questa mio diario di guerra ha postato ieri sera del suo prologo in area coronavirus.
Io sono cattolico ed è normale quello che farò ora.
In particolare oggi.
Per il resto, anche in telematico, come potrebbe essere per quei bambini, sopraggiunga a Lei e agli altri che li attendono, un abbraccio.
Forte.
Insieme allo sprone.
24 marzo
TRENTUNESIMO GIORNO NEI PRESSI DELLA TRINCEA
QUINDICESIMO GIORNO NELLA TRINCEA GLOBALE
Domani sarà il giorno di Gabriele.
L’Angelo annunciatore.
In tempo di quaresima.
Mio nonno Romeo a Tuglie aveva due sorelle, Giulia e Immacolata, che li avevano famiglia.
La vigilia della festa di Maria e Gabriele, esattamente il 24 marzo, nel primo pomeriggio mia madre mi bardava di primavera mi caricava sul barroccino dei Nonni tirato da un cavallo che scuoteva al vento la chioma; e, noi, si andava.
Mi aggrappavo a mia nonna Concetta mentre il venticello della corsetta mi avvolgeva provocante.
Mi piaceva.
Mi prendeva quello strano desiderio che il viaggio non finisse mai sebbene i due centri, Parabita e Tuglie, fossero distanti appena due/tre chilometri.
Per arrivare a casa delle zie, che abitavano nelle adiacenze della Piazza, una nella salita interna che portava a Montegrappa, si transitava nei pressi del “casello” che la ferrovia sud/est aveva destinato a stazione.
Ah quante illusioni oniriche mi dava questo luogo.
Le sorelle di mio nonno appena sopraggiunti salutavano me per primo, mi stringevano e accarezzavano e mi regalavano, ognuna per suo conto, un dolcetto di mandorle e zucchero: “lu core te cupeta”.
Mio nonno, con gilè e cappello appena selezionati in sartoria, con una cravatta nera su camicia bianca, onorava la festa con il vestito, anch’esso, nuovo.
Vino buono della stagione iniziata tirato dal “carutune” a Parabita, e portato in una damigiana stretta e alta avvinghiata in un cesto di vimini che la legava fino all’orlo, faceva compagnia alla compagnia, prima e dopo la processione mariana dove le devote alla Vergine si genuflettevano chiedendo il dono della maternità.
Si festeggiava la “Nunziata” e si attendeva la “Nunziateddha”, per comprare, alla fiera, le galline da uova e i “margiali” (rectius i manici delle zappe) per la stagione lavorativa che questa solennità apriva.
È trascorso molto tempo d’allor e seppur la nebbia mi oscura i ricordi sento ancor la gioia tracciata nel mio animo.
Questo 24 marzo, come tanti anni fa, mi sarebbe piaciuto trascorrerlo a Tuglie tra latte di mandorla e cupeta, e poi, mi sarei disperso, ad assaporare il gelato con la spalmatura di crema di meringa e briciole di nocciola: la “banana”; questo il suo nome per la forma e credo anche per l’aggiunta alla crema del succo del frutto.
Questo 24 marzo abbiamo invece sessantacinquemila casi di coronavirus e seimila morti seppur la curva di crescita dicono che si abbassi.
Lo voglio pensare … anche se hanno “annunziato” che a Matino vi è il caso zero.
E questo mi fa proprio tremare.
Oggi però (spero davvero sia la profezia di Gabriele) hanno anche “annunciato” che il supercomputer del Cineca è riuscito a individuare le prime 40 molecole che potrebbero avere il potere di fermare il Covid-19.
Un ‘pacchetto’ che ora dovrà affrontare test in laboratorio e biologici per trovare la sostanza più adatta per annullare Sars-CoV2, che a conti fatti potrebbe essere sintetizzata nella seconda metà dell’anno.
Esattamente il periodo di gestazione della “nunziatura” di oggi.
Anche la Regione ove vivo ha “annunciato” che il “modello Veneto” ha un sistema diagnostico di uso domestico ove basta una puntura su un dito e dalle tracce di sangue il kit è in grado di rilevare, in un quarto d’ora o poco più, la presenza degli anticorpi del Covid-19. Questo permetterebbe di sapere se un soggetto ha contratto il virus tempo fa, è rimasto asintomatico o con pochi sintomi, poi si è negativizzato.
Pare che i test saranno offerti per strada, previa la firma del consenso informato, da operatori della Protezione Civile.
Per intanto ho ritirato in farmacia le due mascherine chirurgiche che hanno distratto per ogni abitante Padovano.
Annunci.
Oggi Gabriele, l’Arcangelo bianco, dovrebbe considerarci tutti come Daniele, di Biblica memoria, e aiutarci a comprendere il futuro e dove siamo diretti.
A Gabriele e i Messaggeri di Dio descritti con fervore e riconosciuti sia nelle Scritture antiche che in quelle più recenti abbiamo dato molti nomi.
Preghiamo i Custodi che riteniamo siano il nostro Avvocato.
Oggi i messaggeri di Dio, più volte visti maniche su, sudore e stanchezza li abbiamo incontrati in trincea e gli abbiamo dato nomi comuni: medici e paramedici e ci hanno “annunciato”, e lo abbiamo ripetuto: “Non temete”.
Annuncio, più che auguri.