Gioca_Giò è fondamentalmente  un’esperienza  di libertà reciproca sperimentata nel rapporto educativo fra bambini e adulti. Come il bambino ha da imparare dall’adulto così anche  l’adulto può aver da imparare dal bambino.Così, la funzione del «ruolo» si assottiglia   e scompare; e a determinare la relazione di reciprocità educativa è un dialogo assiduo che l’adulto è chiamato a sostenere e incentivare col bambino e con altre figure di riferimento per lui significative.

Il problema della relazione educativa nella nostra società diventerà sempre più urgente e pressante per più motivi:

  • per gli spazi angusti in cui i bambini sono per lo più costretti a vivere;
  • per le troppe attenzioni che generalmente gli adulti rivolgono ai bambini, che tendono a soffocare la loro spontaneità e iniziativa autonoma;
  • perché mai come oggi i bambini generalmente ne sanno più degli adulti su aspetti di carattere tecnologico e questo mette in crisi i ruoli tradizionali di chi sa e insegna, e di chi non sa e deve apprendere;
  • la tecnologia multimediale modifica alla radice la modalità di apprendimento, per cui non servono nove mesi di scuola per svolgere un programma di storia o geografia o altre discipline scolastiche, giacché in pochi giorni si può sviluppare la conoscenza di programmi complessi.

La famiglia e la scuola, ricalcando modalità tradizionali nella funzione educativa –aggiornate per quanto si voglia – saranno sempre più in difficoltà nel rapporto con le nuove generazioni.

Occorre una prospettiva profondamente rinnovata per vivere oggi la dimensione educativa, e questa passa necessariamente per un  superamento dei ruoli tradizionali fra chi educa e chi viene educato. Non è l’adulto che educa, ed il bambino che viene educato, come tradizionalmente avveniva ed ancora oggi è mentalità prevalente; bensì vi può essere una commistione di funzione educativa per la quale si rende possibile che anche il bambino abbia da insegnare molto all’adulto.

Si è già accennato alle competenze tecnologiche che generalmente vedono i bambini più pronti ad acquisirle e utilizzarle. Ma è per aspetti squisitamente psicologici che i bambini hanno molto da insegnare agli adulti. Gli adulti ne sanno più dei bambini della vita,  di come muoversi e relazionarsi nel mondo. Ma è anche vero che il diventare adulti troppo spesso fossilizza  nell’abitudinarietà e fa perdere entusiasmo per il vivere. Troppo consumati termini come innocenza e  spontaneità riferiti ai bambini, ma va scoperto cosa essi possono svelare nel significato recondito. Con la tendenza a ergere barriere mentali, costruire corazze, inventare sotterfugi l’adulto toglie terra sotto i propri piedi. Non che si debba giungere a optare fra incoscienza del bambino aperto completamente al mondo e incoscienza dell’adulto tappato nel proprio ruolo e nei propri pensieri, ma quantomeno ritenere che non se ne supera una – d’incoscienza – sostituendola banalmente con un’altra. Da tale angolatura, si tratterebbe di due incoscienti che perlomeno dovrebbero riuscire a parlarsi. E a questo punto di chi la responsabilità a creare una base sulla quale avviare ed intrattenere tale dialogo? Sarà l’adulto maturo la figura in grado di realizzare tale opportunità di dialogo, d’incontrare in maniera genuina il bambino, di riuscire a tenere aperto lo spazio per un reciproco esprimersi, per un confronto fuori da ogni disincanto.

Potrebbe essere che, acquisendo un ruolo d’interlocutore a pari titolo  con l’adulto si rischia di sottrarre il bambino dal proprio spazio e dalla propria dimensione d’infanzia?

Alla tutela di vita del bambino, a partire dalla garanzia di  sicurezza, in considerazione della sua fragilità e dalla soddisfazione dei suoi bisogni primari, l’adulto maturo sarà capace di una responsabilità nella gestione del dialogo col bambino a partire da una piena accoglienza della dimensione esistenziale del bambino.  L’adulto maturo è tale allorquando sa far vivere il bambino che è stato e che custodisce in sé, non se ne distacca con aria di sufficienza, ma lo riconosce come parte di se stesso, lo sa integrare nella propria vita.  Non sarà pertanto una elargizione che l’adulto concede al bambino, di porsi su un paritario piano relazionale, bensì l’adulto consapevole di sé, capace di aprire spazi di interazione che permettano a chi partecipa alla relazione di essere presente a pari titolo e di esprimersi, sarà capace di tale attitudine anche quando l’interlocutore è un bambino.

Un cammino di crescita per l’adulto, quello che i bambini sanno di dover fare per diventare grandi. I bambini soprattutto per età, gli adulti soprattutto un po’ più grandi di cuore.

Luciano Provenzano