parità perché e come
Parità si dice in tanti: in ogni istituzione con una consigliera e comitati dedicati, e campagne di sensibilizzazione. Parità fra donna e uomo intanto, ma da ricercare è una parità globale fra eccessive diseguaglianze: fra colori di pelle, fra chi ha tanto e chi poco, fra prospettive di vita o quelle d’incertezza quotidiana.
Pari opportunità, a fronte di diseguaglianze smisurate, ataviche, stratificate nelle menti, nelle abitudini, nei comportamenti. Parità fra donna e uomo, intanto, questa possibile, a portata di mano, che la possiamo almeno dire, provare a cercare, sperimentare nel piccolo per coglierla più ampia come traguardo di civiltà. Consapevoli che questa particolare, fra donna e uomo, va sostenuta dalla visione d’insieme, di una parità per ogni discriminanza ingiusta, per ogni colore di pelle, per ogni persona che bussa alla mia porta.
Ed è uno spazio mentale più ampio che può rendere ciò possibile, giacché, al fondo di ogni discriminazione soggiace la paura. E la paura restringe la visuale sul mondo, la accartoccia su se stessi, non fa andare oltre il proprio naso. E dire di paure significa maturare sguardi di tenerezza sul proprio vissuto interiore, aprire porticine segrete per sperimentare la fiducia di potersi esprimere, che qualcuno è pronto all’ascolto e a un dialogo per quanto emerge.
È da un salto qualitativo nella crescita psicologica personale e a livello sociale diffuso che può fondarsi una reale parità nel modo di vedere e vivere i rapporti, fra donna e uomo, nella comunità umana e con la natura.
Questa riflessione di base orienta la proposta Pari_menti-Pari_cuori, iniziativa con la quale l’Ambito Sociale di Zona di Casarano e il Distretto Socio-Sanitario-9 Casarano aderiscono alla Rassegna Culturale PariIdee – Progetti di Sensibilizzazione ed Educazione sul tema delle Discriminazioni di Genere promossa dalla Consigliera di Parità della Provincia di Lecce (>>>)
Ricevo da Rosa C. la seguente e-mail
“PARI-MENTI PARI-CUORI” 2015.
Semplicemente DONNA , nome comune di persona.
Oggi non basta, è necessario che sia accompagnato da un “appositivo”: figlia, moglie, compagna, madre, nonna…. E precisamente quel termine che si “appone”, che si colloca vicino, per meglio descrivere e determinare l’altro.
E ancora non basta: il nome DONNA va necessariamente “aggettivato”:diplomata, laureata, impiegata, coniugata, singola, immigrata, violentata, attiva, pensionata, passiva…..”scartata”.
Non è dato entrare nel vespaio della teoria di GENDER, che mira a cancellare la differenza sessuale, perché – come afferma Papa Francesco – quella non sa confrontarsi con essa.
“E’ la rimozione della differenza uomo-donna il vero problema, non la soluzione del problema di relazione”.
Domande: come proporre una esigenza culturale avvertita, da coniugare nelle relazioni sociali, su una base prettamente umana? Se ad una donna è mancata quella rigenerazione antropologica ovvero la trasmissione di vita di generazione in generazione dalla portata biblica, quale ri-generazione (in età avanzata) si può proporre oggi, se non a livello “virtuale”? Come è possibile riconoscere o vedere riconosciuto qualche aspetto di quel “genio femminile” pienamente manifesto, da tante parti declamato, che sa vedere le cose con occhi che completano lo sguardo, il pensiero degli uomini?
Dove le autentiche opportunità nel riconoscere che le menti e i cuori sono (o non sono) PARI, se non formalmente in teoria? Si possono anche “mettere a punto”, “riempire” le proposte culturali di uomini e donne per una bella conferenza: è sempre qualcosa di buono perseguire pari opportunità di IDEE, per quel senso di riconoscimento e rispetto reciproco, e poi…..?
Oggi, uomini e donne percepiscono uno “stile espressivo” in forma “stenografica”, un modo di intendere la lingua nell’ambito di un linguaggio “sintetico misto”, come i rispettivi capi di abbigliamento che indossano.
Domina la “Semiotica” (più che la “Semantica”): essa nella filosofia del linguaggio esprime “il processo in cui qualcosa funziona come segno”. Sarebbe come dire: “Tu non significhi niente che non ti insegniamo NOI (chi? Giovani, tecnologia….) e quindi significhi solo in quanto indirizzi qualche parola, come l’interpretante del tuo pensiero”. Sic!
Che fare? Si continui quindi a “celebrare” <> quale segno di adattamento alla realtà socio-culturale odierna.
Lecce, 23 maggio 2015
Rosa.
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Rispondo:
Gent.ma Rosa, dici del rischio, oggi, di una omologazione dei generi. Siamo qui anche per questo, per dire della differenza, della sua importanza, del valore che essa merita. “Parità di genere” è “Parità di genere per i diritti”. Per l’entusiasmo e la gioia del vivere W sempre la differenza fra femminile e maschile!
Poni altre domande che colgo vive per aspetti d’esperienza a cui intuitivamente ritengo possano riferirsi; e la cui risposta compete anzitutto a Te che le serbi in cuore. Da parte mia, nell’ascoltarle mi colloco per un possibile sostegno da fornire in caso Te ne occorra. Dire che per quelle vi sia risposta univoca sarebbe ridurne la complessità, quasi banalizzarle, e rendere approssimativa – quasi inutile – ogni possibile risposta.
Fra semiotica e semantica: va colto il segno ma va significato al contempo ciò che esso esprime e rappresenta, in un dialogo possibile che si genera come relazione, arte ed essenza del vivere. Pari_menti-Pari-cuori va in tal senso: adattamento sì, per una trasformazione possibile e rigenerazione degli sguardi sul mondo e, per l’appunto, delle relazioni. Grazie per gli spunti discorsivi. E saluti cordialissimi.
Luciano Provenzano