Rosa Casilli – COMUNIC-AZIONE

 

La comunic-azione scritta è l’azione di “mettere in comune”, attraverso un codice riconosciuto da chi scrive e da chi legge, un prodotto in lingua (italiana) che viaggia lungo un canale (e-mail), atto a mantenere viva la stessa comunicazione, tenendo presente che l’accento posto sul messaggio trasmesso, anche se in forma assertiva, di per sé si costituisce in funzione “poietica”(=creativa) del linguaggio ed implica un arricchimento reciproco nelle relazioni umane.
Di solito, il significato dello scritto dato dal mittente include la “nozione di intenzione”, quale quella di rendere il ricevente consapevole di qualcosa. Ma quale significatività il ricevente attribuisce al messaggio?
Se è vero che alla base di entrambi (mittente e ricevente) c’è la nozione di scelta, quasi come “principio di scelta” ossia possibilità di selezione tra diverse alternative, è vero anche che il ricevente tende a scegliere l’informazione a sé congeniale, riprendendo l’aspetto o la parte del contenuto insito al comunicato, a lui più gradita, rendendo così la comunicazione “transitiva”, con la produzione di un’altra comunicazione, indicativamente “orientata”.
Infatti, le abitudini linguistiche e intenzionali dell’uno predispongono in parte a certe scelte interpretative ed attenzionali dell’altro. Questo fatto, che permette ai singoli di porsi in rapporto reciproco, diviene lo sfondo di ogni processo conoscitivo socio-culturale, lo sfondo su cui si può verificare qualche cambiamento nelle persone, dato che “vivere in società”, significa mettere in efficace rapporto l’esperienza pubblica dell’uno con quella privata dell’altro.
Ma quali sono le regole del gioco, quando manca l’apparato scenico che interferisce sui “tagli” apportati nel discorso effettivo che dà concretezza ai rapporti interpersonali?
Solo quando la “scena” è di nuovo presente, pur nelle forme simboliche dell’interazione, anche gli atti, gli scritti, sono accessibili alla comune comprensione, e gli scambi comunicativi possono essere simmetrici o complementari, a seconda che si basino sull’uguaglianza o sulla differenza dei comunicanti.
E’ buon uso o costume riconoscere alcune regole del gioco scrittorio “interagito” dai soggetti, a prescindere da ogni considerazione sull’intenzionalità, sulla consapevolezza, sulla attenzionalità dei partecipanti.
Rimangono, però, alcuni problemi aperti: quando non c’è una voce del dire né un orecchio dell’ascoltare, che succede? Quando manca lo sguardo, il gesto, lo spazio reale, il contesto delle relazioni, che sono gli elementi fondanti e caratterizzanti dei rapporti interpersonali, che succede? Allora saltano persino le “griglie” interpretative possibili ed immaginabili, che le nuove neuro-scienze possono offrirci.
Rimangono tracce, i segni riconoscibili della scrittura che, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, possono raggiungere altre persone e diventare quella “cosa” che resta sulla “soglia” della porta di “casa comune”, tra l’intenzione ovvero la motivazione di uno che scrive e, per la speciale porosità che è propria della scrittura, la voluta attenzione dell’altro che legge.
Si dilegua, sfuma, persino il “contesto”, rimangono gli attrezzi da lavoro (i caratteri a stampa, lo strumento di diffusione e-mail) a portata di mano di coloro che li usano.
C’era una volta…il foglio di carta e la penna in mano che produceva un manoscritto personale, oggi c’è un – esser-ci – attraverso la comunicazione scritta, per la voglia di dirsi, di raccontare…
In conclusione, il punto d’incontro tra l’intenzionalità dell’uno e l’attenzionalità dell’altro avviene in quella dimensione del vivere con consapevolezza, cioè in una franca relazione con il sé, gli altri, le cose del mondo e ciò che le trascende o trasfigura.
E’ nel valore tempo – come da sempre – che uomini e donne si riconoscono quali soggetti culturali, in ogni momento della storia compresa l’attuale, e non solo quella personale!
E allora, per intensificare l’esistenza, raccontiamoci pure la storia/fiaba (espressione manifesta, per poterla osservare da diversi punti di vista) della mela de “La bella addormentata nel bosco”, la mela di Guglielmo Tell, la mela del monello di strada.
Che bello!
Rosa Casilli

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