Rocco Coronese, attualità della sua proposta

Altamente meritorio che l’Amministrazione Comunale di Parabita abbia inteso valorizzare il ventennale della dipartita di Rocco Coronese per ricordarne la figura e l’opera e per rilanciarne al contempo il messaggio della sua esperienza artistica; ed è sì politica ma con connotato di genuina visione culturale per la modalità con cui la si è messa in opera. È una rara volta in cui ad essere e ad essersi coinvolte sono state tutte le Associazioni (ne mancava una soltanto di quelle conosciute ed attivamente operanti nel territorio) per un programma impegnativo, su più giorni, dal 23 luglio al 5 agosto 2022, con varie iniziative sviluppatesi a vari livelli, per festeggiare l’estro creativo di Rocco, rievocarne gli aspetti salienti, rilanciare la proposta essenziale, quel Centro di attività per la Comunicazione – Museo del Manifesto.  Rocco, un amico, un artista, un umanista, un futurista (nel senso che sa guardare al futuro), un astrattista (nel senso che astrae dal reale forme ed immagini che ne rappresentino l’essenza), un figlio del popolo, quasi un fratello.

“Il solco è ancora fresco”, locuzione titolo dell’intera manifestazione, ripresa da una poesia dello stesso artista “…O sole / della tua fatica, / campo di libertà / della tua giovinezza, / il solco è ancora fresco.”

Molteplici e variegate le iniziative messe in opera:

  • Inaugurazione della nuova sede del Museo del Manifesto, un bene che dopo decenni ritorna fruibile per cittadini, studiosi e appassionati, con avvio della digitalizzazione di tremila manifesti su circa 70.mila dell’intera collezione;
  • Collocazione di una scultura di Rocco Coronese, gentilmente donata dalla famiglia, nella piazza Umberto I a Parabita
  • Intitolazione di uno spazio pubblico dell’area urbana, ora ”Largo Rocco Coronese” ;
  • Tre convegni/conferenze:
    • 23 luglio convegno in piazza, dal titolo “Il solco è ancora fresco”, in cui si è considerata la figura di Rocco Coronese come artista. Sono intervenuti il sindaco di Parabita, dott. Stefano Prete, la moglie e la figlia di Rocco Coronese, il prof. Lorenzo Madaro e la prof.ssa Loredana Rea.
    • 2 agosto, alle ore 20, presso Palazzo Ferrari, l’incontro dal titolo “Costruzione dello stereotipo del femminile: parole e immagini dai manifesti cinematografici erotici”, con Adriano Allora e Loredana De Vitis, moderatore Prof. Antonio Romano.
    • 5 agosto “Rocco Coronese. Il solco è ancora fresco” inerente i manifesti di Rocco Coronese e la sua attività grafica, con prof. Luca Bandirali, prof. Antonio Romano, dott.ssa Carolina Gatto, dott.ssa Cecilia Solamito, dott. Tommaso D’Antico e dott.ssa Valeria Giannelli.
  • Due mostre:
    • “Spazi Ir-reali” copie di manifesti cinematografici del Museo del Manifesto affissi in vari punti della Città mediante una iniziativa collettiva di attacchinaggio;
    • foto storiche dell’esposizione del 1976, presso il Giardino degli Incontri Centro Solidarietà Madonna della Coltura.
  • Laboratorio grafico/creativo per bambini e ragazzi, a cura dell’ IISS “Enrico Giannelli”;
  • Raccolta di video-esperienze e ricordi di chi ha personalmente conosciuto Rocco Coronese, a cura di Parabitalife, e consultabili sulla omonima  pagina facebook.

Affidata al Centro Studi Giuseppe Serino l’organizzazione dell’intera manifestazione, con l’iniziativa propulsiva di Giuseppe Fai,  l’accorta regia di Carolina Gatto e la discreta ma altamente competente guida di Antonio Romano,  l’Amministrazione Comunale s’è riservata un ruolo di supervisione, affiancamento e pur sempre attiva partecipazione che ne ha permesso la migliore riuscita.

M’è sorta in animo e scrittura una poesia in questi giorni, “Fucina d’umano” dedicata a Rocco, che la pensavo da anni lontani, da quando egli mi diceva sempre nell’incontrarmi: di cosa scrivi, di cosa tratti, di cosa guardi, di cosa vedi? e: vedi di scrivere, vedi di guardare, vedi di non far passare inutilmente l’attimo. Che già poi si volgeva e salutava altri, che era sempre pieno di tanti impegni, con tanti giornali sotto al braccio, tante idee per la mente, tante persone da incontrare, e la sua famiglia, le sorelle a Parabita, presso cui andare. Lo vedevi qualche giorno e poi non più, ma lo rivedevi che era passato un mese e non sapevi se era restato o era partito e ritornato. Si, perché andava anche al Ciolo, sua residenza di paradiso in terra, ed in motorino giacché egli mai guidata l’auto, e da Parabita circa 50 km, che non è poco, con Benelli o Garelli cilindro 45.

“Che l’arte debba uscire dai templi riservati agli addetti ai lavori, scendere nelle piazze, nelle strade, nelle fabbriche, nei comuni luoghi dove la gente vive e si incontra”, scriveva Giovanni Seclì a commento della mostra “Sculture nella città” promossa nel 1976, una mostra che sorprese Parabita con opere in ferro di Rocco realizzate presso l’Italsider di Taranto e collocate in alcune piazze cittadine, per far diventare queste  “presenze d’arte” (così le definì Toti Carpentieri)  parte integrante della città stessa, con l’intento di determinare  “l’urto dell’imprevedibilità, la sorpresa di realtà contrapposte, la tensione che si materializza in un taglio, in una piegatura non casuali (…)”, ne scriveva lo stesso Rocco in quell’occasione.

L’intento e l’impegno di Rocco è stato di valorizzare e tenere vivo, egli, figlio di braccianti agricoli, il corroborato spirito della terra con la genuinità e l’immediatezza dei rapporti umani e il senso profondo della fatica e del lavoro, nel contesto della metropoli romana, gli aleatori mondi dell’arte, le maglie flaccide della modernità.

Era un animatore di vita e di rapporti, ancor prima di essere un artista; o era artista proprio in quanto animatore di vita e di rapporti. Nelle sue iniziative tendeva a coinvolgere le persone, a promuovere l’iniziativa diffusa. L’attacchinaggio collettivo realizzato nei giorni scorsi ha tanto di quello che si faceva in quegli anni, quando si aprì il Museo del Manifesto, o in occasione della mostra del Manifesto Polacco, quando si andava in giro di notte ad attaccare manifesti, e sul far di quell’alba trovai mio padre sul portone di casa appena alzato ed io di ritorno, e ci salutammo, lui un po’ dubbioso sul quel che avevo potuto fare fino a quell’ora, ma quando gli dissi di Rocco mi sorrise.

*

Fucina d’umano

       a Rocco Coronese – in memoriam

 

Rocco, la stagione ieri

da portare a oggi

e a domani ancora

 

la stagione piena degli incontri

la vividezza degli sguardi

del voler fare insieme

stare insieme

già solo a salutarsi per la strada

e dire chi c’è e chi non più

di cosa da fare

del progetto

 

lo sguardo all’incrocio della luce

sulla pietra che rifrange

la linea che porta da qui

in poi a ritrovare ogni passo andato

ogni sguardo che su quella s’è fermato

 

nell’ordinarietà dei giorni

col treno di sempre

giungi come non mai partito

tua terra nel cuore

di quanto duro

coltivarla

con entusiasmo rinnovato all’ora

 

chiamare in dentro per

aprire in fuori

caratterizza il fare col tuo

dire

finestre sui

confini

aperte

per quel che giunge

improvviso e nuovo

a dare luce e comprensione

ad ogni passo

 

idee a fondere dentro

quella carcara * che fu

e anche oggi

per notti e giorni

trasformare pietre in bianca calce

passaggio ardente

fra rapporti e prospettive

con la stella del domani

sulla fronte.

(Luciano Provenzano)

 

* carcara, pl. carcare – dialetto salentino: costruzioni a trullo formate da pietre vive e trasformate in fornaci nelle quali per giorni e notti ininterrottamente degli uomini si alternavano per alimentarle con fuoco di ramaglie per fare la calce. Completato il ciclo si smontava il trullo per vendere il ricavato e dopo alcuni giorni si rimontava e riavviava un altro.

*

da consultare

Paolo Vincenti http://www.iuncturae.eu/2018/07/19/per-rocco-coronese/

https://www.facebook.com/CentroStudiSerino.Parabita/posts/pfbid029HBvSYK3Jeejhz8pQfkCUTxyxSYAn5GrUot83opNPcr3YyWpFSZ6ZYueZHp5L7Bjl